San Giuseppe
"CON CUORE DI PADRE" l'anno dedicato a San Giuseppe
"Con cuore di Padre" Dalla Cappella del Vicariato di Roma, in preparazione alla festa di S. Giuseppe, nell'anno a Lui dedicato, offriamo la seconda delle tre meditazioni del Cardinal AngeloDe Donatis. Buon ascolto!
La paternità nel segreto del Figlio
Giuseppe, e con lui la sua sposa sono entrati, più di ogni altro, nel segreto del Figlio. La paternità di Giuseppe è stata vissuta immergendosi nella ferialità di Gesù. È stato il Padre che lo ha visto crescere «in sapienza, età e grazia davanti a Dio e agli uomini» (Lc 2,52).
In questa meditazione invito a ripetere, anche qui, con dolcezza e più volte, come nella preghiera del cuore, questo versetto di San Luca: «In sapienza, età e grazia davanti a Dio e agli uomini».
Chiediamo, mediante l’intercessione di san Giuseppe, la grazia dello Spirito, perché la nostra paternità spirituale possa essere immersa nel vedere il Figlio che cresce in età e grazia. Sì ne abbiamo bisogno veramente. Una paternità immersa dentro il Figlio, nella sua età e nella sua grazia.
Ogni padre sa molto bene che una volta che ha generato deve uscire da se stesso, ogni padre sa che nel momento in cui diventa custode del Figlio, si deve immergere in lui. Ogni passaggio in età e grazia non può sfuggire al Padre. Il padre sarà tale, rimane padre se non si lascia sfuggire nessun passaggio dell’età e della grazia del proprio figlio.
Se diventasse estranea all’età e alla grazia del proprio figlio, la paternità si indebolirebbe, si incrinerebbe, si frantumerebbe.
Quanta emozione nel padre nel vedere il proprio bimbo fare da solo i primi piccoli passi, quanta gratitudine nel vedere i passaggi impercettibili della sua crescita, i segreti di piccole maturazioni, di segreti successi, di splendidi passaggi che fanno della paternità la custodia di un mistero più grande.
Il padre si immerge nella crescita in età e grazia del figlio e ciò vuol dire che entra, con naturalezza, nel mistero del proprio bambino. Più entra in quel mistero, più la paternità ne riceve sostanza.
Un padre non è tale se riempie di sé il figlio, ma se si lascia riempire, impregnare nel mistero del figlio. Il padre si lascia trasformare da quella crescita in età e grazia; è quel crescere del figlio che trasforma il padre. Entrare nel mistero del Figlio ci consente di non fare della paternità un esercizio di funzioni, di compiti; non lo riduce a un mestiere ma si è grati testimoni di un mistero che cresce e di cui non siamo presuntuosi proprietari!v
Un padre che entra nel segreto del figlio, sa essere libero da se stesso.
Il silenzio di Giuseppe, la sua obbedienza a quel mistero, a quel Figlio dello Spirito, lo ha reso libero di esserci senza pretendere, di custodire senza temere, di amare senza possedere.
Entrare nel segreto del Figlio significa immergersi completamente in lui, favorendo la crescita in età e in grazia del Figlio, la paternità si è arricchita, perché si è fatta imitatrice della sostanza della figliolanza.
Vi invito a meditare con attenzione la lavanda dei piedi di Gv 13, 1-17, soprattutto i versetti 3 e 4. «Gesù sapendo che il Padre gli aveva dato tutto nelle mani e che era venuto da Dio e a Dio ritornava, si alzò da tavola, depose le sue vesti, prese un asciugamano e se lo cinse attorno alla vita. Poi versò dell’acqua nel catino e cominciò a lavare i piedi dei discepoli e ad asciugarli con l’asciugamano di cui si era cinto».
Il segreto del Figlio si esprime proprio in quelle parole: «sapendo che il Padre gli aveva dato tutto nelle mani».
Non è il mistero di san Giuseppe? Qui assomiglia proprio al Figlio. Si è immerso nel segreto del Figlio. San Giuseppe è padre perché ha imitato il Figlio, si è immerso nel suo segreto che è la consapevolezza lucida e grata che il Padre ci ha dato tutto nelle mani. Ciò è stato il segreto dell’esercizio della sua paternità: ha ricevuto dal Padre tutto quello che il Padre aveva di più caro. Il Padre ha messo nelle mani di Giuseppe tutto: il Figlio!
Guardiamo le nostre mani. Come a san Giuseppe, anche nelle tue mani Dio Padre ha dato tutto, perché ti ha consegnato il Figlio.
Sì, Giuseppe è stato padre perché è entrato in questo segreto del Figlio. Lo deve aver capito con chiarezza quando ha cominciato a vedere che era un figlio estraneo, un figlio non suo, un figlio donato, posto nelle sue mani. È stato padre perché ha accompagnato la sua crescita in età e grazia permettendo che il Padre agisse in quel figlio.
Si è padri se si permette la libera azione del Padre.
Gesù si è alzato da tavola e si è messo a servire solo dopo aver riconsiderato la consapevolezza che tutto aveva ricevuto. Senza la coscienza di questo dono non avrebbe avuto il coraggio di alzarsi, togliersi le vesti e mettersi a servire.
Giuseppe si è alzato dal sogno della notte, ha preso Maria sua sposa, si è affrettato ad andare in Egitto, è tornato a casa, ha avuto il coraggio di servire un mistero ed una persona, il Figlio, solo perché sapeva nel cuore, che tutto gli era stato posto nelle mani.
Entrare nel segreto del Figlio per San Giuseppe è avere avuto la gratitudine per ciò che di grande è stato posto nelle sue mani. Spesso, in maniera quasi inconscia, si ha la percezione che Giuseppe sia stato sì un uomo obbediente, giusto e saggio, ma che abbia dovuto di fatto vivere un’obbedienza ad una situazione difficile e innaturale.
Dimentichiamo che la sua obbedienza nasce da una gratitudine. Non si è sentito fuori luogo, obbediente ad un progetto sbagliato che gli era dovuto capitare, ma lo ha vissuto in una gratitudine e questa gratitudine sarà aumentata nel suo cuore nel veder crescere quel Figlio in età e in grazia.
Quanto deve essere stato bello per Gesù accorgersi della gratitudine segreta di Giuseppe, perché consapevole di avere tutto nelle mani.
Quanta gratitudine abbiamo bisogno di recuperare nella nostra vita. Quanta obbedienza è vissuta senza rendimento di grazie!
Proviamo a chiedere a san Giuseppe la gratitudine e saremo più liberi da noi stessi. Ci alzeremo, ci toglieremo le vesti, prenderemo il grembiule e ci metteremo a servire.
Giuseppe davanti a questo sguardo grato non ha avuto bisogno di parlare. Si è alzato, ha messo il grembiule del padre e ha cominciato a servire il Figlio.
Senza saperlo, ha anticipato il mistero di Gesù, ha anticipato tutta la dinamica presente in quei due versetti che introducono la lavanda dei piedi. Quante volte il non essere immersi in questo segreto ci ha paralizzati nella nostra paternità. Senza questa consapevolezza di aver ricevuto il Figlio nelle nostre mani, non avremo il coraggio di alzarci.
Andiamo da servi verso coloro che ci sono stati affidati, mentre laveremo loro i piedi li guarderemo con gli occhi del Padre come Gesù fa con Pietro. Quello sguardo paterno, mentre si lavano i piedi dei figli, farà vedere la crescita dell’età e della grazia!
Vi auguro di sperimentare la dolcezza del Padre che nel segreto vi ricompenserà!