Madeleine Delbrel - Apostole Sacro Cuore

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Madeleine Delbrel
Una Santità ordinaria
Nell’ultimo decreto della Congregazione per le Cause dei santi
la figura di una donna del Novecento che ha precorso il Vaticano II e la Chiesa di Papa Francesco.

Ua missionaria laica delle periferie, una donna che sapeva parlare di Dio in modo intenso, una mistica tra poesia e impegno sociale, una di quelle che sanno anticipare le svolte e precorrere i tempi.  I suoi scritti e le sue poesie ci siano di aiuto a vivere la nostra secolarità incarnata nelle minuscole cose quotidiane.
Nata nel 1904 a Mussidan nella Francia sudoccidentale, in una famiglia borghese - il padre era ferroviere - non praticante, a 17 anni, trasferita a Parigi, Madeleine affida ad un tema tutto il suo pessimismo di adolescente: «Il mondo è un assurdo, la vita è un non senso»
 
Solo un anno dopo l’incontro con Jean Maydieu, suo coetaneo studente di ingegneria politicamente impegnato, le fa intravvedere un futuro possibile: sembra una coppia ideale, ma lui entrerà nel noviziato domenicano e per Madeleine si spalanca il baratro anche per la coincidenza della sopraggiunta cecità del padre con conseguente perdita del lavoro. «In quel momento avrei dato tutto l’universo, pur di sapere che cosa facessi dentro il mondo!», scrisse.

Nel suo animo riflessivo affiorano le domande…: «Dio potrebbe forse esistere?» unite al ricordo di una citazione da Santa Teresa d’Avila ascoltata con Jean: pensare a Dio in silenzio per almeno 5 minuti al giorno. Di qui la conclusione coraggiosa: «Decisi di pregare!», non perché credente, bensì per l’ipotesi che Dio avrebbe potuto esistere.
 
Il risultato è impetuoso e totalizzante: in ginocchio per ore è immersa nella luce o, come dirà più tardi, vive un’esperienza di «abbagliamento».
 
Parafrasando sant’Agostino: «Tu vivevi e io non ne sapevo niente. Avevi fatto il mio cuore a tua misura, la mia vita per durare quanto Te e, poiché non eri presente, il mondo intero mi appariva piccolo e stupido e il destino degli uomini insulso e cattivo». Con l’entusiasmo dei 20 anni sceglierebbe il Carmelo se non fosse per la grave situazione familiare che la tiene legata ai suoi.
 
Un’altra decisione coraggiosa: se il Carmelo non è possibile, sarà il mondo a diventare il suo monastero. «Mio Dio, se tu sei dappertutto, come mai io sono così spesso altrove?». Santa Teresa, san Giovanni della Croce e Charles de Foucauld sono le sue guide spirituali, mentre Padre Jacques Lorenzo, il “Buon Samaritano della Parola”, le propone di entrare negli scout dov’è cappellano. Esuberante e vulcanica - «l’eternità in ogni istante della giornata» - scrive poesie, anima incontri di squadriglia, canta e prega all’insegna di una sola parola d’ordine: «gioia» e un suo scritto sarà proprio “La gioia di credere”.
 
Venuta a conoscenza dell’opera di san Vincenzo de’ Paoli, insieme ad una ventina di amiche decide di formare il gruppo “Charité” anticipando gli Istituti Secolari, una vita in comune da laiche, vergini nel mondo, una vita di «gente ordinaria», di missionarie «senza battello».
 
«Il mio sogno è che il nostro gruppo sia nella Chiesa come il filo di un vestito. Il filo tiene assieme i pezzi e nessuno lo vede, se non il sarto che ce l’ha messo. Se il filo si vede, allora il vestito è riuscito male».
 
Sogna di andare tra i poveri della banlieue di Parigi: già infermiera, nel 1937 conseguirà anche il diploma di assistente sociale.
 
Delle compagne iniziali la seguiranno solo in due, Suzanne infermiera ed Hélène maestra d’asilo, ma il 15 ottobre 1933 apre il “Centro di azione sociale”. Il contesto è ateo e comunista, salvo uno sparuto gruppo di cattolici benestanti, nella comunità però vige una massima: «Dio non ha mai detto: Amerai il prossimo tuo come te stesso, eccetto i comunisti». L’accoglienza è totale e ricambiata.
 
Nel 1938 sulla rivista Etudes Carmélitaines pubblicherà un testo programmatico dal titolo “Noi, gente di strada”: «La nostra solitudine non è essere soli... La nostra solitudine è incontrare Dio dovunque e Dio chiede: “Seguimi in strada!”», con un’espressione di oggi, una missionaria delle periferie. Quotidianamente affida i suoi pensieri alla carta a metà tra poesia e preghiera: versi immediati, vibranti di entusiasmo e voglia di vivere nel quotidiano per il Signore.
 
È pronta a «danzare» ogni giorno e, «se qualcuno ti urta, rispondere con un sorriso perché anche questo è danza».
 
«Ogni piccola azione è un avvenimento immenso in cui ci è dato il Paradiso e in cui possiamo dare il Paradiso. Parlare o tacere, rammendare o fare una conferenza, curare un malato o battere a macchina… tutto questo non è che la scorza di una realtà splendida: l’incontro dell’anima con Dio, incontro ogni minuto rinnovato, ogni minuto che diventa, nella grazia, sempre più bello per il proprio Dio. Suonano? Presto, andiamo ad aprire: è Dio che viene ad amarci. Una informazione?... Eccola: è Dio che viene ad amarci. È l’ora di mettersi a tavola? Andiamoci: è Dio che viene ad amarci. Lasciamolo fare».
 
«Inizia un altro giorno. Gesù vuol viverlo in me. Lui non si è isolato. Ha camminato in mezzo agli uomini. Con me cammina tra gli uomini d’oggi». «Il silenzio non ci manca, perché lo abbiamo. Il giorno in cui ci mancasse, significherebbe che non abbiamo saputo prendercelo. Tutti i rumori che ci circondano fanno molto meno strepito di noi stessi».
 
Secondo Hans Urs von Balthasar la personalità e gli scritti di Delbrêl manifestano qualità contrastanti e paradossali: da un lato profonda serietà e dall’altro humour sorridente; da un lato un infantile «sapersi di Dio» e dall’altro un forte realismo in tema di analisi sociali e psicologiche; da un lato l’appartenenza ecclesiale vissuta fin nel midollo e dall’altro un’assoluta libertà dagli standard ecclesiastici.
 
Se il mondo è il suo monastero, si può pregare anche in metrò.
 
«Il sacrificio di noi stessi: noi non aspettiamo altro che ne scocchi l’ora. Come un ceppo nel fuoco, così noi sappiamo di dover essere consumati».
 
Madeleine accoglierà con favore la nascente esperienza dei preti operai che si calano nel mondo del lavoro di fabbrica condividendo la fatica del prossimo, non senza incomprensioni.
 
Piena di speranza per l’avvento di Giovanni XXIII e l’apertura del Vaticano II - è membro della Commissione preparatoria sulle missioni - il 13 ottobre 1964, Madeleine si accasciava sul suo tavolo di lavoro colpita da ictus cerebrale.
continua...

novembre - dicembre 2022

La passione delle pazienze

La passione, la nostra passione, sì, noi l'attendiamo. Noi sappiamo che deve venire, e naturalmente intendiamo viverla con una certa grandezza.

Il sacrificio di noi stessi: noi non aspettiamo altro che ne scocchi l'ora.

Come un ceppo nel fuoco, così noi sappiamo di dover essere consumati.

Come un filo di lana tagliato dalle forbici, così noi dobbiamo essere separati. Come un giovane animale che viene sgozzato, così noi dobbiamo essere uccisi. La passione, noi l'attendiamo.

Noi l'attendiamo, ed essa non viene.

Vengono, invece, le pazienze.

Le pazienze, queste briciole di passione, che hanno lo scopo di ucciderci lentamente per la tua gloria, di ucciderci senza la nostra gloria.

Fin dal mattino esse vengono davanti a noi: sono i nostri nervi troppo scattanti o troppo lenti; è l’autobus che passa affollato; il latte che trabocca, gli spazzacamini che vengono, i bambini che imbrogliano tutto. È il telefono che si scatena; quelli che noi amiamo e non ci amano più.

È la voglia di tacere e il dover parlare, è la voglia di parlare e la necessità di tacere; è voler uscire quando si è chiusi e rimanere in casa quando bisogna uscire; è il disgusto della nostra parte quotidiana.

È il desiderio febbrile di tutto quanto non ci appartiene.

Così vengono le nostre pazienze, in ranghi serrati o in fila indiana, e dimenticano sempre di dirci che sono il martirio preparato per noi.
E noi le lasciamo passare con disprezzo, aspettando - per dare la nostra vita - un'occasione che ne valga la pena.

Perché abbiamo dimenticato che, come ci son rami che si distruggono col fuoco, così ci son tavole che i passi lentamente logorano e che cadono in fine segatura.

Perché abbiamo dimenticato che se ci sono fili di lana tagliati netti dalle forbici, ci son fili di maglia che giorno per giorno si consumano sul dorso di quelli che l'indossano.

Ogni riscatto è un martirio, ma non ogni martirio è sanguinoso: ce ne sono di sgranati da un capo all'altro della vita.
È la passione delle pazienze.

“Non tutti i martiri sono sanguinosi ma ogni vita è destinata all'offerta: se non in un unico grande sacrificio, lo è sull'altare delle pazienze, piccole, ingrate, banali, continue”.   
La pazienza è la calma accettazione
che le cose possono accadere
in un ordine diverso da quello che hai in mente.
(David G. Allen)         
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gennaio - febbraio
2023

Quando ci si abbandona ad esse senza resistenza, ci si ritrova meravigliosamente liberati da sé stessi. Si galleggia nella Provvidenza come un turacciolo di sughero nell'acqua. E non facciamo gli orgogliosi: Dio non affida nulla al caso; le pulsazioni della nostra vita sono sconfinate, perché egli le ha volute tutte. Ci afferrano dall'attimo del risveglio.
Il trillo del telefono. La chiave che gira male nella toppa. L'autobus che non arriva, che è zeppo, o che se ne va senza aspettarci.
Il nostro vicino di sedile che occupa tutto il posto, il vetro che vibra fino a stordirci. E', ancora, l'ingranaggio della giornata: una pratica che ne chiama un'altra, un certo lavoro che non abbiamo scelto. È il tempo con le sue variazioni raffinate perché assolutamente pure da ogni volontà umana.
È l'avere freddo o avere caldo, l'emicrania o il mal di denti. La gente che si incontra. e conversazioni che i nostri interlocutori scelgono. Il signore maleducato che ci urta sul marciapiede. Le persone che hanno voglia di perdere tempo e che ci acchiappano.

L'obbedienza, per noi, gente della strada, è piegarci alle manie della nostra epoca quando sono senza malizia.

È avere i vestiti di tutti, le abitudini di tutti, il linguaggio di tutti. È, quando si vive in parecchi, dimenticare di avere un gusto e lasciar le cose al posto che gli altri han dato loro. L'esistenza diventa così una specie di grande film al rallentatore. Non ci dà la vertigine. Non ci fa ansimare. Corrode a poco a poco, fibra per fibra, la trama dell'uomo vecchio, una trama non più raccomandabile e che bisogna rinnovare totalmente.

 
Quando ci saremo abituati a consegnare la nostra volontà all'arbitrio di tante piccole cose, non troveremo più difficile, all'occasione, fare la volontà del nostro caposervizio, di nostro marito, dei nostri genitori. Allora possiamo sperare che ci sia facile anche la morte. Non sarà una cosa grande, ma una successione di piccole sofferenze ordinarie accettate una dopo l'altra.

 
L'amore
Noi delle strade siamo certissimi di poter amare Dio sin quando avrà voglia di essere amato da noi. Non pensiamo che l'amore sia una cosa che brilla, ma una cosa che consuma; pensiamo che fare tutte le piccole cose per Dio ce lo fa amare altrettanto che il compiere grandi azioni.

 
D’altra parte, pensiamo di essere molto male informati sulla misura dei nostri atti. Non sappiamo che due cose: la prima, che tutto quello che facciamo non può essere che piccolo; la seconda, che tutto ciò che fa Dio è grande. Questo ci rende tranquilli di fronte all'azione. Sappiamo che ogni nostro lavoro consiste nel non gesticolare sotto la grazia, nel non scegliere le cose da fare, e che Dio agirà per nostro mezzo.

Non c'è niente di difficile per Dio, e chi teme la difficoltà si crede capace di agire. Poiché troviamo nell'amore un'occupazione sufficiente, non abbiamo cercato il tempo per classificare gli atti in preghiere e in azioni. Troviamo che la preghiera è un'azione e l'azione una preghiera; ci sembra che l'azione veramente amorosa sia tutta piena di luce.

Al contrario, ci sembra che l'azione perfettamente compiuta là dove ci venga reclamata innesta noi in tutta la Chiesa, ci diffonde in tutto il suo corpo, ci fa disponibili in essa. I nostri passi camminano in una strada, ma il nostro cuore batte nel mondo intero. È per questo che i nostri piccoli atti, nei quali non sappiamo distinguere fra azione e preghiera, uniscono così perfettamente l'amore di Dio e l'amore dei nostri fratelli.
Il fatto di abbandonarci alla volontà di Dio ci consegna nello stesso istante alla Chiesa che da questa volontà medesima è resa costantemente salvatrice e madre di grazia. Ciascun atto docile ci fa ricevere pienamente Dio e dare pienamente Dio in una grande libertà di spirito. Allora la vita è una festa. Ogni piccola azione è un avvenimento immenso nel quale ci viene dato il paradiso, nel quale possiamo dare il paradiso.
Non importa che cosa dobbiamo fare: tenere in mano una scopa o una penna stilografica. Parlare o tacere, rammendare o fare una conferenza, curare un malato o battere a macchina. Tutto ciò non è che la scorza della realtà splendida, l'incontro dell'anima con Dio rinnovata ad ogni minuto, che ad ogni minuto si accresce in grazia, sempre più bella per il suo Dio. Suonano? Presto, andiamo ad aprire: è Dio che viene ad amarci. Un'informazione? ...eccola: è Dio che viene ad amarci.

È l'ora di metterci a tavola? Andiamoci: è Dio che viene ad amarci.

Lasciamolo fare.
continua...

marzo - aprile 2023

Noi delle strade
Ci sono luoghi in cui soffia lo Spirito, ma c'è uno Spirito che soffia in tutti i luoghi.

C'è gente che Dio prende e mette da parte. Ma ce n'è altra che Egli lascia nella moltitudine, che non "ritira dal mondo". È gente che fa un lavoro ordinario, che ha una famiglia ordinaria o che vive un'ordinaria vita da celibe.
 
Gente che ha malattie ordinarie, e lutti ordinari.
Gente che ha una casa ordinaria, e vestiti ordinari.

È la gente della vita ordinaria.
 
Gente che s'incontra in una qualsiasi strada. Costoro amano il loro uscio che si apre sulla via, come i loro fratelli invisibili al mondo amano la porta che si è rinchiusa definitivamente sopra di essi.

Noialtri, gente della strada, crediamo con tutte le nostre forze che questa strada, che questo mondo dove Dio ci ha messi è per noi il luogo della rivelazione del Suo amore, il luogo della nostra santità.

Noi crediamo che niente di necessario ci manca. Perché se questo necessario ci mancasse, Dio ce lo avrebbe già dato.
 
Il silenzio.
Il silenzio non ci manca, perché lo abbiamo. Il giorno in cui ci mancasse, significherebbe che non abbiamo saputo prendercelo.
 
Tutti i rumori che ci circondano fanno molto meno strepito di noi stessi.
 
Il vero rumore è l'eco che le cose hanno in noi.
 
Non è il parlare che rompe inevitabilmente il silenzio. Il silenzio è la sede della Parola di Dio, e se, quando parliamo, ci limitiamo a ripetere quella parola, non cessiamo di tacere.  I monasteri appaiono come i luoghi della lode e come i luoghi del silenzio necessario alla lode.
 
Nella strada, stretti dalla folla, noi disponiamo le nostre anime come altrettante cavità di silenzio dove la Parola di Dio può riposare e risuonare. In certi ammassi umani dove l'odio, la cupidigia, l'alcool segnano il peccato, conosciamo un silenzio di deserto e il nostro cuore si raccoglie con una facilità estrema perché Dio vi faccia squillare il suo nome: "Voce di colui che grida nel deserto".
 
Solitudine
A noi gente della strada sembra che la solitudine non sia l'assenza del mondo ma la presenza di Dio. E' l'incontrarlo dovunque che fa la nostra solitudine. Essere veramente soli è, per noi, partecipare alla solitudine di Dio. Egli è così grande che non lascia posto a nessun altro, se non in Lui. Il mondo intero è come un faccia a faccia con Lui dal quale non possiamo evadere.
Incontro della sua causalità viva dove le strade si intersecano accese di movimento.
Incontro con la sua orma sulla terra.
 
Incontro della sua Provvidenza…
 
Incontro del Cristo in tutti questi «piccoli che sono suoi»: quelli che soffrono nel corpo, quelli che sono presi dal tedio, quelli che si preoccupano, quelli che mancano di qualcosa.  Incontro con il Cristo respinto, nel peccato dai mille volti.  Come avremmo cuore di deriderli o di odiarli, questi infiniti peccatori ai quali passiamo accanto?
 
Solitudine di Dio nella carità fraterna: il Cristo che serve il Cristo; il Cristo in colui che serve, il Cristo in colui che è servito.
 
L'obbedienza
Noialtri, gente della strada, sappiamo benissimo che sino a quando la nostra volontà sarà viva non potremo amare davvero il Cristo.
Noi sappiamo che solo l'obbedienza potrà fondarci in questa morte.
E invidieremmo i nostri fratelli religiosi se non riuscissimo anche noi a morire, ogni istante, sempre un po' di più. Le piccole circostanze della vita sono dei «superiori» fedeli. Non ci lasciano un attimo, sono i «sì» che dobbiamo dir loro in continuazione gli uni agli altri.
continua...

maggio - giugno 2023

Il ballo dell'obbedienza
“Noi abbiamo suonato il flauto e voi non avete danzato”

È il 14 luglio. Tutti si apprestano a danzare. Dappertutto il mondo, dopo anni dopo mesi, danza. Ondate di guerra, ondate di ballo. C'è proprio molto rumore. La gente seria è a letto. I religiosi dicono il mattutino di sant'Enrico, re. Ed io, penso all'altro re. Al re David che danzava davanti all'Arca.

Perché se ci sono molti santi che non amano danzare, ce ne sono molti altri che hanno avuto bisogno di danzare, tanto erano felici di vivere: Santa Teresa con le sue nacchere, San Giovanni della Croce con un Bambino Gesù tra le braccia, e san Francesco davanti al Papa.
 
Se noi fossimo contenti di te, Signore, non potremmo resistere a questo bisogno di danzare che irrompe nel mondo, e indovineremmo facilmente quale danza ti piace farci danzare facendo i passi che la tua Provvidenza ha segnato.
 
Perché io penso che Tu, Signore, forse ne abbia abbastanza della gente che, sempre, parla di servirti col piglio da condottiero, di conoscerti con aria da professore, di raggiungerti con regole sportive, di amarti come si ama in un matrimonio invecchiato.
 
Un giorno in cui avevi un po' voglia d'altro hai inventato san Francesco, e ne hai fatto il tuo giullare.
 
Lascia che noi inventiamo qualcosa per essere gente allegra che danza la propria vita con Te.

Per essere un buon danzatore, con Te come con tutti, non occorre sapere dove la danza conduce. Basta seguire, essere gioioso, essere leggero, e soprattutto non essere rigido.

Non occorre chiederti spiegazioni sui passi che ti piace di segnare. Bisogna essere come un prolungamento, vivo ed agile, di Te.
E ricevere da te la trasmissione del ritmo che l'orchestra scandisce.
 
Non bisogna volere avanzare a tutti i costi ma accettare di tornare indietro, di andare di fianco. Bisogna saper fermarsi e saper scivolare invece di camminare. Ma non sarebbero che passi da stupidi se la musica non ne facesse un'armonia.
 
Ma noi dimentichiamo la musica del tuo Spirito, e facciamo della nostra vita un esercizio di ginnastica: dimentichiamo che fra le Tue braccia la vita è danza, che la tua Santa Volontà è di una inconcepibile fantasia,
e che non c'è monotonia e noia se non per le anime vecchie,
tappezzeria nel ballo di gioia che è il Tuo amore.
 
Signore, vieni ad invitarci.
 
Siamo pronti a danzarti questa corsa che dobbiamo fare, questi conti, il pranzo da preparare, questa veglia in cui avremo sonno.
 
Siamo pronti a danzarti la danza del lavoro, quella del caldo, e quella del freddo, quella della persona difficile...
 
Se certe melodie sono spesso in minore, non ti diremo che sono tristi. Se altre ci fanno un poco ansimare, non ti diremo che sono logoranti. E se qualcuno per strada ci urta, gli sorrideremo: anche questo è danza. Signore, insegnaci il posto che tiene, nel romanzo eterno avviato fra Te e noi, il ballo della nostra obbedienza.
 
Rivelaci la grande orchestra dei tuoi disegni: in essa, quel che tu permetti
dà suoni strani nella serenità di quel che tu vuoi.
 
Insegnaci a indossare ogni giorno la nostra condizione umana come un vestito da ballo, che ci farà amare di Te tutti i particolari come indispensabili gioielli. Facci vivere la nostra vita, non come un gioco di scacchi dove tutto è calcolato, non come una partita dove tutto è difficile, non come un teorema che ci rompa il capo, ma come una festa senza fine dove il tuo incontro si rinnovella, come un ballo, come una danza.
 
Lascia che noi inventiamo qualcosa per essere gente allegra che danza la propria vita con Te. Per essere un buon danzatore, con Te come con tutti, non occorre sapere dove la danza conduce.
 
Basta seguire, essere gioioso, essere leggero, e soprattutto non essere rigido.
continua...

15 luglio 2023 - 🕑 3 minuti di lettura
luglio - agosto 2023

Che Cristo ci insegni a riconoscerlo dove Egli è e a portarlo dove Egli non è.

Il filo del vestito
Nella mia comunità Signore aiutami ad amare, ad essere come il filo di un vestito. Esso tiene insieme i vari pezzi e nessuno lo vede se non il sarto che ce l'ha messo.
Tu Signore mio sarto, sarto della comunità, rendimi capace di essere nel mondo, nel quotidiano servendo con umiltà, perché se il filo si vede tutto è riuscito male. Rendimi amore in questa tua Chiesa, perché è l'amore che tiene insieme i vari pezzi.

Il catino di acqua sporca…
Se dovessi scegliere una reliquia della tua Passione prenderei proprio quel catino colmo d’acqua sporca.
Girare il mondo con quel recipiente e ad ogni piede cingermi dell’asciugatoio e curvarmi giù in basso, non alzando mai la testa oltre il polpaccio per non distinguere i nemici dagli amici e lavare i piedi del vagabondo, dell’ateo, del drogato, del carcerato, dell’omicida, di chi non mi saluta più, di quel compagno per cui non prego mai, in silenzio, finché tutti abbiano capito nel mio il tuo Amore.
La sola porta che si apre sulle nozze di Dio, con i suoi amici è la porta dell’amore, della sollecitudi­ne fraterna. La sola vera vecchiaia è l’egoismo che dobbiamo chiede­re incessantemente a Dio di sradi­care dal nostro cuore: è infatti il cuo­re di carne, che ci consente di re­stare nel soffio dello Spirito.
 
L'obbligo di annunciare la buona novella ci costringe a camminare simultaneamente al passo di Dio e al nostro: perciò avremo il più delle volte l'andatura dello zoppo o quella esitante di un cieco. Conosco bene il bisogno che c’è di sapersi fermare a riposare, a riflettere, a contem­plare: «Se si vuole aiutare gli altri a camminare, bisogna, sapersi sede­re per essere sempre pronte a ripartire!».
 
Con tutte le nostre forze, il nostro spirito, il nostro cuore faremo dell'evangelizzazione l'applicazione del programma di Gesù Cristo. Ma questo programma che noi conosciamo affonda tutto in un piano che ci è oscuro. Del nostro lavoro di ogni giorno, sia pure perfetto, noi non sappiamo ciò che il Signore ne farà... e se molto maldestro o imperfetto, noi non sappiamo a che cosa servirà. Sappiamo soltanto che non andrà perduto ciò che si dona a Dio.

Signore tienici svegli
 
Signore, che continuamente ci incitasti
a star svegli a scrutare l'aurora a tenere i calzari
e le pantofole,
fa' che non ci appisoliamo
sulle nostre poltrone nei nostri anfratti
nelle culle in cui ci dondola
questo mondo di pezza,
ma siamo sempre attenti a percepire
il mormorio della tua Voce,
che continuamente passa
tra fronde della vita a portare frescura e novità.
Fa' che la nostra sonnolenza
non divenga giaciglio di morte
e - caso mai - dacci Tu un dolce calcio
per star desti e ripartire sempre.
continua...

13 settembre 2023 - 🕑 3 minuti di lettura

settembre - ottobre 2023

Missione - Vocazione

Le due vie sono sempre esistite.
Sempre il Signore dirà agli uni: "A causa di me e del mio amore tu avrai una moglie, dei figli, una casa, dei beni da amministrare da parte mia nel mondo".
Sempre il Signore dirà agli altri:
"Tu non avrai che me e io sarò il tuo tutto".
Sempre il Signore dirà agli uni:
"Io so ciò che ti conviene, ti darò ogni giorno la tua pena il tuo pane quotidiano, perché dovunque tu sarai ci sia anche la mia croce".
Sempre il Signore dirà agli altri:
"Prendi la tua croce e seguimi".
Prendila con le tre braccia della povertà, dell'obbedienza e della castità.
Perché? Perché questo io voglio: che tu mi ami e che noi, insieme, amiamo il mondo.

La maggior parte di coloro ai quali Cristo tiene un tal discorso stanno sotto vesti scure, bianche o nere, discepoli d'un santo che fu attraverso il tempo compagno di strada del Signore.

Altri sono persone come voi e come me, persone affondate il più a fondo possibile nello spessore del mondo, separate da questo mondo da nessuna regola nessun voto, nessun abito nessun convento.

Povere, ma simili alle persone d'ogni luogo. Pure, ma simili a
persone di qualsiasi ambiente.

Obbedienti, ma simili a persone di qualsiasi paese.

Sono per tutto e per tutti: ne troverete che insegnano, che emanano leggi, che curano e consolano, che lavorano in officina.
 
Per essi un mondo vale l'altro e un'anima un'altra anima. Ma non annoiateli con metodi e tecniche…
 
Se noi non abbiamo programma è perché il nostro Padre del Cielo l'ha scritto prima per noi e ci basta ricevere i suoi ordini giorno per giorno.

Non dite loro che la croce è dannosa, un po' morbosa e un po' malsana, che il mondo ha bisogno di ritrovare il volto della gioia e non dei penitenti.

Vi risponderanno:

"Noi vi parleremo della gioia quando l'avremo imparata sulla croce dove ritroviamo il nostro amore.
La nostra gioia è d'un prezzo così esorbitante che è stato necessario per acquistarla vendere ciò che possedevamo e tutto noi stessi".
 
Noi crediamo alla gioia, il che non si riduce a dare prova di ottimismo.

Ci sembra che la gioia cristiana, quella che il Signore chiama "la mia gioia", quella che egli vuole che sia "piena", consista nel credere concretamente - per fede - che noi sempre e dovunque abbiamo tutto ciò che è necessario per essere felici.
 
…Diamo agli uomini, questi adulti fanciulli, l'edizione visiva della vita di Gesù: Gesù, che è la "Missione" stessa.

Mandaci ancora dei folli, Signore
Mandaci, o Dio, dei folli, quelli che si impegnano a fondo,
che amano sinceramente, non a parole, e che veramente sanno sacrificarsi sino alla fine.
Abbiamo bisogno di folli che accettino di perdersi per servire Cristo.
Amanti di una vita semplice, alieni da ogni compromesso, decisi a non tradire,
pronti a una abnegazione totale, capaci di accettare  qualsiasi  compito,
liberi e sottomessi al tempo stesso, spontanei e tenaci, dolci e forti.
continua...

10 novembre 2023 - 🕑 3 minuti di lettura

novembre e dicembre 2023

Inizia un nuovo anno

“Mio Dio, se tu sei dappertutto, come mai io sono così spesso altrove?"
 
Gesù vuol viverlo in te.
 
Lui non si è isolato.
Ha camminato in mezzo agli uomini.
Con me cammina tra gli uomini d'oggi.
Incontrerà ciascuno di quelli che entreranno nella mia casa, ciascuno di quelli che incrocerò per la strada, altri ricchi come quelli del suo tempo, altri poveri, altri eruditi e altri ignoranti, altri bimbi e altri vegliardi, altri santi e altri peccatori, altri sani e altri infermi.
Tutti saranno quelli che egli è venuto a cercare.
Ciascuno, colui che è venuto a salvare.
A coloro che mi parleranno, egli avrà qualche cosa da dire.
A coloro che verranno meno, egli avrà qualche cosa da dare.
Ciascuno esisterà per lui come se fosse il solo.
Nel rumore egli avrà il suo silenzio da vivere.
Nel tumulto, la sua pace da portare.
Gesù, in tutto, non ha cessato di essere il Figlio.
Vuole in me rimanere legato al Padre.
Dolcemente legato, ogni secondo, sospeso su ciascun secondo, come un sughero sull'acqua.
Dolce come un agnello di fronte a ogni volontà del Padre.
Tutto sarà permesso in questo anno che viene, tutto sarà permesso ed esigerà che io dica il mio sì.
Il mondo dove Lui mi lascia per essere con me
non può impedirmi di essere con Dio;
come un bimbo portato sulle braccia della madre non è meno con lei per il fatto che lei cammina tra la folla.
Gesù, dappertutto, non ha cessato d'essere inviato.
Noi non possiamo esimerci d'essere, in ogni istante, gl'inviati di Dio nel mondo.
Gesù in noi, non cessa di essere inviato, durante questo anno che inizia, a tutta l'umanità, del nostro tempo, di ogni tempo, della mia città e del mondo.
Attraverso i fratelli più vicini ch'egli ci farà servire amare salvare, le onde della sua carità giungeranno sino in capo al mondo, andranno sino alla fine dei tempi.
Benedetto questo nuovo anno che è Natale per la terra, poiché in me Gesù vuole viverlo ancora.
continua...


gennaio e febbraio 2024
13 gennaio 2024 - 🕑 3 minuti di lettura

La grande sfida per la Delbrêl è quella di liberare nel mondo lo spirito delle Beatitudini, facendo uscire dalle forme “convenzionali”, dai “sistemi” di “scuola” e dal chiuso dei conventi, i grandi “cammini evangelici” della povertà, della carità fraterna, dell’umiltà, dell’obbedienza, della castità.

Così scrive Madeleine all'inizio del suo commento poetico al testo delle Beatitudini: «Poiché le parole, o mio Dio, non sono fatte per restare inerti nei nostri libri, ma per possederci e per far correre il mondo in noi, lascia che di questo fuoco di gioia, acceso da Te, un giorno, sopra un monte, che di questa lezione di felicità, le faville ci raggiungano, ci mordano, ci investano, ci invadano; fa’ che, da esse abitati, come “scintille nella stoppia”, corriamo per le vie della città, accostiamo le onde delle folle, contagiosi di beatitudine, contagiosi di gioia»
 
La spiritualità in bicicletta
 
«Andate» ... ci dici a tutti i tornanti del Vangelo. Per essere nel tuo senso bisogna andare, anche quando la nostra pigrizia ci supplica di restare.
 
Tu ci hai scelti per stare in uno strano equilibrio, un equilibrio che può stabilirsi e mantenersi solo in movimento, solo in uno slancio.
Un po’ come una bicicletta che non si regge senza girare, una bicicletta che resta appoggiata contro un muro finché qualcuno non la inforca per farla correre veloce sulla strada.

La condizione che ci è data è una vertiginosa insicurezza universale.
 
Appena ci mettiamo a guardarla, la nostra vita perde l’equilibrio, viene meno. Possiamo star dritti solo avanzando, muovendoci, in uno slancio di carità. Tutti i Santi che ci sono dati per modelli, o almeno molti, godevano di una Assicurazione una specie di Polizza Spirituale che li garantiva contro i rischi, le malattie.

Avevano tempi ufficiali di preghiera, metodi per fare penitenza, tutto un codice di consigli e di divieti.

Per noi invece, l’avventura della tua grazia si gioca dentro un liberalismo un po’ pazzo. Tu ti rifiuti di fornirci una carta stradale.
 
Il nostro cammino si fa come se scattassero degli interruttori.
 
Tu ti rifiuti di fornirci una carta stradale.
 
Il nostro cammino si fa di notte. Ogni azione da compiere di volta in volta si illumina come se scattassero degli interruttori.
 
Spesso la sola cosa garantita è questa fatica regolare del solito lavoro ogni giorno da fare, del solito ménage da ricominciare, dei soliti difetti da correggere, delle solite sciocchezze da evitare.
 
Ma al di fuori di questa garanzia, tutto il resto è lasciato alla Tua fantasia che si diverte con noi.
 
La grazia non risiede né in una ricetta di vita spirituale, né in un progetto di santità che possiamo avere costruito per noi stesse, ma nella volontà di Dio scandita con amore, sillaba per sillaba, cioè minuto per minuto, senza che noi nemmeno ci domandiamo che cosa ci riserverà l’istante successivo».

È la vita che educa, che ti forma…
È un libro enorme, doloroso, bizzarro, toccante e cinico  che si offre ai nostri occhi:  ognuno degli esseri che avviciniamo vi aggiunge una riga formante.»
continua...


marzo e aprile 2024
9 marzo 2024 - 🕑 2 minuti di lettura
L'estasi delle tue volontà
 
Quando quelli che amiamo ci chiedono qualcosa, noi li ringraziamo di avercelo chiesto.
 
Se a te piacesse, Signore, chiederci una sola cosa in tutta la nostra vita, noi ne rimarremmo meravigliati e l'aver compiuto questa sola volta la tua volontà sarebbe «l'avvenimento» del nostro destino.
 
Ma poiché ogni giorno ogni ora ogni minuto tu metti nelle nostre mani tanto onore, noi lo troviamo così naturale da esserne stanchi, da esserne annoiati.
 
Tuttavia, se comprendessimo quanto inscrutabile è il tuo mistero, noi rimarremmo stupefatti di poter captare queste scintille del tuo volere che sono i nostri microscopici doveri.
Noi saremmo abbagliati nel conoscere, in questa tenebra immensa che ci avvolge, le innumerevoli precise, personali luci delle tue volontà.
 
Il giorno che noi comprendessimo questo andremmo nella vita come profeti, come veggenti delle tue piccole provvidenze, come mediatori dei tuoi interventi.
 
Nulla sarebbe mediocre, perché tutto sarebbe voluto da te.
Nulla sarebbe troppo pesante, perché tutto avrebbe radice in te.
Nulla sarebbe triste, perché tutto sarebbe voluto da te.
Nulla sarebbe tedioso, perché tutto sarebbe amore di te.
Noi siamo tutti dei predestinati all'estasi, tutti chiamati a uscire dai nostri poveri programmi per approdare, di ora in ora, ai tuoi piani.
 
Noi non siamo mai dei miserabili lasciati a far numero, ma dei felici eletti, chiamati a sapere ciò che vuoi fare, chiamati a sapere ciò che attendi, istante per istante, da noi.
 
Persone che ti sono un poco necessarie, persone i cui gesti ti mancherebbero, se rifiutassero di farli.
 
Il gomitolo di cotone per rammendare, la lettera da scrivere,
il bambino da alzare,
la porta da aprire, il microfono da staccare,
l'emicrania da sopportare:
altrettanti trampolini per l'estasi,
altrettanti ponti per passare dalla nostra povertà,
dalla nostra cattiva volontà
alla riva serena del tuo beneplacito della Tua Volontà.


PRESENZA DI DIO
Dio non entrerà nella tua vita.
perché egli è nella tua vita,
e fare come se non vi fosse
non gli impedisce certo di esservi.
L'obbedienza è la fame di essere nelle mani di Dio.
Sii lungimirante
(Madeleine Delbrel)

continua...

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