Incontro Formativo sull'Esortazione Apostolica
GAUDETE ET EXULTATE
Borgonuovo 16 – 18 novembre 2018
Maria Rosa Zamboni, consacrata secolare nell’Istituto “Le Spigolatrici del Vangelo”, ci ha illustrato i punti nodali dell’Esortazione. Non è indirizzata a tutti i fedeli, ma a te, che la leggi, e a ognuno perché il Papa dice proprio “tu”.
Quindi tutti sono chiamati alla Santità!
“Quello che conta è cercare e trovare Dio in ogni cosa” (cfr. S. Ignazio di Loyola).
Nel testo non c’è una definizione di Santità e non è neppure un trattato; lo scopo è promuovere il desiderio di santità in tutta la Chiesa, in tutte le A. S. C. e dove?
Nei luoghi dove vivono le persone perché è lì che abita Dio. Il Signore non chiede tutto, è Lui a offrire tutto e tutto è la vera vita, la felicità per la quale siamo stati creati.
Il testo è diviso in cinque capitoli. Il punto di partenza, nel capitolo primo, è la Chiesa. Nel capitolo due si passa ad individuare due nemici della santità: il pelagianesimo e lo gnosticismo.
Nel terzo capitolo si parla della Beatitudini che sono considerate come modelli di santità. Quindi il capitolo quarto affronta le caratteristiche della Santità.
Nel quinto capitolo l’esortazione è dedicata alla vita spirituale come la vigilanza e il discernimento. (La lettura del testo ci aprirà e chiarirà i contenuti...)
È interessante quanto si dice nel paragrafo 26: “non è sano amare il silenzio ed evitare l’incontro con l’altro … ricercare la preghiera e sottovalutare il servizio”.
Siamo chiamati alla contemplazione, ma nell’azione e per questo motivo la nostra relatrice considera il documento molto adatto per noi consacrate secolari.
Ci domandiamo: che cosa dice alla gente di oggi la parola Santità? Soprattutto per qualcuno della nostra età? La parola Santità la leghiamo a qualcosa di negativo, di eroismo, di eccezionalità mentre finalmente, sono santificate persone che hanno vissuto la loro vita in modo normale, come la tua mamma che ti ha accudito in modo semplice prodigandosi nei suoi quotidiani doveri.
Riguarda tutti. Maria Rosa dà lei una definizione di santità: “E’ la vita nella forma bella come Dio l’ha creata”. Esistono Santi che hanno un volto, una vita. Allora dobbiamo riflettere all’immagine che noi diamo di noi stesse. C’è una cosa sola da fare per diventare Santi: occorre contemplare il Volto di Gesù, mettere al centro della mia vita Gesù, la Sua Vita, la Sua Parola, la Sua Bellezza.
Il rischio c’è; quando riduciamo il Vangelo a delle norme, ad un galateo e cerchiamo di riportare il Vangelo alla sapienza umana.
La santità non è qualcosa che ci procuriamo noi, che otteniamo con le nostre capacità. E’ un dono che ci fa essere come Gesù, che ci riveste di se stesso ed è un dono da chiedere. Quando il Signore ci chiama a diventare santi lo fa perché noi condividiamo la sua gioia e diventiamo un dono per le persone che ci sono accanto. “Siamo invitati a riconoscere che siamo "circondati da una moltitudine di testimoni" che ci spronano a non fermarci lungo la strada … Forse La loro vita non è stata sempre perfetta, però, anche in mezzo a imperfezioni e cadute, hanno continuato ad andare avanti e sono piaciute al Signore”.
Ha ricordato, poi, quanto sia fondamentale nella nostra vita mettere al centro Gesù e decidere di seguirlo. Poi, la stima che dobbiamo avere l’una per l’altra consiste nel gareggiare a vicenda nella carità. Ciascuna conosce anche i propri limiti, ma, per essere santi non dobbiamo essere perfetti. L’importante è che, con pazienza e perseveranza, ognuna si impegni a vivere la sua vocazione. Lasciati scrivere la storia da Gesù in te e va dietro a Lui! Non si esclude la perfezione, la include e non può esserci senza la preghiera.
Nel capitolo quarto le caratteristiche delle Beatitudini le comprendiamo diversamente rispetto a quando eravamo piccole. Esse sono la manifestazione dell’Amore di Dio. Le elenchiamo:
1°) Sopportazione e mitezza, lo stare attente alle inclinazioni. umiltà che si acquista di fronte alle umiliazioni che sopportiamo ogni giorno e che abbassano il nostro io.
2°) Gioia e senso dell’umorismo (par. 126). Il malumore non è segno di santità, ma lo è l’essere capace di vivere con gioia, avere lo spirito gioioso senza lamentazioni, esprimersi con parole positive, colme di gratitudine e non troppo complicate.
3°) L’audacia ed il fervore che ci conducono a non avere paura perché "Io sono con voi tutti i giorni, fino alla fine del mondo (Mt,28,20)" e lo Spirito Santo ci dona il coraggio così come lo donò agli Apostoli a Pentecoste. Occorre porci davanti alla Parola con stupore e possiamo farlo anche davanti ad una persona che fa una cosa bella.
4°) Il cammino comunitario da fare insieme, a due a due come i discepoli di Gesù in missione. Intere comunità sono state canonizzate e, recentemente, la Comunità dei Monaci in Algeria che sono rimasti insieme fino alla fine pur sapendo del pericolo che correvano.
5°) La preghiera costante, ma non intesa come un’evasione che nega il mondo attorno a noi. “Il santo è una persona dallo spirito orante, che ha bisogno di comunicare con Dio” (Par. 147) e il pellegrino russo dichiarava che la sua continua preghiera non lo separava dalla realtà esterna. La preghiera diventa poi memoria grata perché ci permette di riportare alla memoria tutti i benefici ricevuti dal Signore nella nostra vita.
Occorre poi il discernimento per affrontare la vita cristiana che è un combattimento; si richiede forza e coraggio per resistere alle tentazioni del diavolo e annunciare il Vangelo (cfr. Par. 158).
Una vita santa non è solo una vita virtuosa, ma sa cogliere i semi dello Spirito nella realtà.